€ 38.00
Autore: Franco Di Tizio
Genere: Carteggio
Formato: 17×24 cm, brossura
Edizione: 2010
Pagine: 544, con illustrazioni in bicromia
Collana: Biblioteca dannunziana
ISBN: 978 8888 302 89 8
Prezzo di copertina: € 38,00
Su Gabriellino d’Annunzio, secondogenito del Poeta, ben poco si sa, e quel poco che si conosce è del tutto inesatto. Sinora, infatti, giornalisti e biografi dannunziani hanno affermato che d’Annunzio ha avuto sempre un pessimo rapporto con i figli, specialmente con Gabriellino. Nicola d’Amico nel 1988 scrisse un articolo dal titolo Caro Padre Crudele ove precisò: «Fece arrestare il primogenito Mario, a Gabriellino negò perfino le scarpe usate, sfruttò Renata come infermiera». Poi aggiunse: «Gabriellino s’innamorerà, riamato, di grandi attrici. Vivrà spesso vendendo manoscritti del padre veri e falsi. Conoscerà la miseria». Quest’affermazione era, però, molto riduttiva, rispetto a ciò che Paolo Alatri aveva scritto nella sua biografia dannunziana del 1984: «Quando [nel 1926] Gabriellino uscì dalla clinica, relativamente rimesso in salute, fu fulminato dalla notizia che sua moglie, minata dalla tubercolosi, era morta in carcere, dimenticata e abbandonata da tutti. Cercò di avere delle spiegazioni dal padre, che però non volle riceverlo e ad una nuova richiesta lo fece arrestare davanti al Vittoriale». Fortunatamente l’autore l’anno dopo ebbe a correggersi, nel libro D’Annunzio negli anni del tramonto, dando, in pratica, una versione più mite dei fatti, sebbene, nel 1988, nella Introduzione alla ristampa della Vita di Gabriele d’Annunzio di Guglielmo Gatti, mise per certo che d’Annunzio aveva visto l’ultima volta il figlio nel 1926 e che da allora in poi si era rifiutato categoricamente di rivederlo. Queste notizie, le quali sino ad oggi sono state condivise da tutti gli altri dannunzisti, non corrispondono a verità, in quanto padre e figlio si sono riconciliati e Gabriellino fu ricevuto al Vittoriale negli anni 1929, 1933 e 1934. Nella loro esistenza si sono scambiati oltre mille lettere e questo libro, scritto dal dannunzista Franco Di Tizio, dimostra ampiamente, attraverso la ricca documentazione inedita, come il loro rapporto sia stato travisato, e ci manifesta, inoltre, quanto sia stata travagliata la vita di Gabriellino che, ignorando i consigli paterni, volle intraprendere la carriera teatrale e quella cinematografica, dalle quali, però, ricevette soltanto amarezze e delusioni.